venerdì 11 aprile 2008

I GHETTI NERI DI LISBONA (Seconda parte)

Leggi la prima parte!

“Mi chiamo Veladimir perché mio padre era comunista, e quando da Capo Verde arrivai in Portogallo ero un bambino, e la polizia salazarista pensava che fossi una spia russa. A sedici anni scappai a Parigi per evitare la chiamata nell’esercito, mi avrebbero mandato a morire in una guerra coloniale, come accadde a tanti miei coetanei”.
L’autobus ci lascia ai piedi della collina di São Bras, e mentre saliamo Veladimir continua a raccontare. “Era il 1968, e la capitale francese scopriva la rabbia del movimento studentesco. Ogni giorno c’erano scontri con la polizia, cariche, manganellate, arresti. La gendarmerie prendeva pure i passanti, quelli che per caso si trovavano in mezzo al disordine, e li metteva nei guai. Io mi dissi: ‘Se per sbaglio mi faccio beccare in mezzo a un casino questi mi rimandano a Lisbona, e poi mi tocca sbarcare in Africa col fucile’. Così andai in Olanda a cercarmi un lavoro. Arrivato ad Amsterdam mi incamminai verso il porto, deciso ad ottenere un impiego da marinaio. Non scherzo: dopo due ore stavo già lavando i piatti a bordo di una nave da crociera svedese. Ne lavavo 1400 al giorno, ma giravo il mondo, e questo per me era tutto”.
Ci fermiamo alla base di una schiera di palazzi bianchi.


“Siamo a São Bras, un quartiere nato nel 2000 per rialloggiare 5000 neri che vivevano nella baracche, giù nella zona di Amadora. Il governo portoghese non c’ha messo un soldo, è stato tutto finanziato dall’Unione Europea, dal primo all’ultimo mattone. Bruxelles mandò i suoi supervisori per evitare che si creassero casi di corruzione, e in due anni terminarono i lavori. Durante quel periodo i bambini andavano a scuola in dei container di metallo piazzati tra un cantiere e l’altro, come dei terremotati, poiché la Câmara Municipal non trovò una soluzione migliore”.
Ci spostiamo verso la ferrovia per raggiungere il bairro 6 de Maio, chiamato così perché il 6 maggio dell’84 iniziò ad accamparsi lì il primo nucleo di immigrati africani che attualmente vi abitano. Oggi il quartiere conta circa 1500 persone, in prevalenza angolani e mozambicani. Secondo i dati della polizia, intorno al 6 de Maio vengono commesse una media di 100 rapine al giorno.
“Veladimir, mi stavi dicendo che facevi il lavapiatti in una nave svedese. E alla fine come sei diventato un giornalista?”
“Feci lo sguattero per qualche mese, poi chiesi alla dirigenza della compagnia di poter frequentare un corso da macchinista, e loro acconsentirono. Mi mandarono a Stoccolma per quattro anni a studiare in una scuola di specializzazione, e lì presi contatto con alcuni giornali proponendo dei reportage sulle comunità capoverdiane emigrate in Svezia. Fu proprio scrivendo sui miei conterranei che iniziai questo lavoro, grazie al quale ho vissuto negli Stati Uniti, in Germania, in Russia e persino in Ungheria. Poi nel ’98 un giornale olandese mi inviò a Lisbona per fare un servizio sull’Expò, e con mia moglie decisi di fermarmi qui. Guarda, queste baracche già appartengono al bairro 6 de maio”.


A due metri dai binari del treno, tra la rete di recinzione della linea e dei cassonetti ricolmi di spazzatura una grossa donna nera sta arrostendo dei polli su un pancale di legno. Le chiedo di poterla fotografare, ma ad ogni mia spiegazione risponde: “Perché?”
“Sai Sandro, a differenza di quanto è accaduto a Cova da Moura, gli abitanti del 6 de Maio non si sono mai associati per avanzare richieste alle istituzioni. Qui lo Stato non esiste, siamo in una vera e propria favela”.
Continuiamo fino all’uscita del quartiere.
“Vedi quel bar all’angolo?”


“Lì si siede spesso un vecchio musicista capoverdiano detto Johnson, un virtuoso del violino. È sempre stato troppo povero per potersene comprare uno, e così ancora oggi suona quello che si è costruito da ragazzo con la corteccia di un albero e tre canne da pesca. Due mesi fa, quando ha fatto novant’anni, gli hanno chiesto: ‘Johnson, cosa vorrebbe ancora dalla vita?’. E lui ha risposto: ‘Un violino autentico’”.

11 commenti:

Curi ha detto...

davvero bello bresiolo, davvero.

Curi ha detto...

Ma quell'articolo su wikipedia su Salazar.. non credi che sia un tantino troppo buonista? Come viene ricordato quel dittatore adesso dai portoghesi?

Anonimo ha detto...

Senza troppe acrobazie linguistiche: cazzo, sono rimasto un po' indietro a leggere il blog!

silvia ha detto...

Vabbe' che ormai sei un blogger di successo e che non hai pu' tempo da dedicare ad altro se non alle tue inchieste...pero' ci sarebbe il bagno da pulire, almeno quello!!:)
Le tue coinquiline preferite
Silvia ed Enrica

Anonimo ha detto...

foda-se pà! ti faccio ancora i "complimenti" per questo blog..che ci voleva proprio !

Anonimo ha detto...

certo che usare un mezzo pubblico per scopo privato (sebbene condivisibile) non è corretto in campagna elettorale.
Lava Bresci!

bruno ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Sandro Noto ha detto...

ciao enzo,
guarda, l’aricolo di wikipedia è piuttosto obiettivo, ma non parla abbastanza della PIDE, la violentissima polizia politica comandata dal governo di salazar, che torturava gli oppositori del regime (quelli che uccidono monteiro rossi in sostiene pereira di tabucchi).
quale sia l’attuale opinione dei portoghesi su salazar non si capisce troppo bene, anche perché come in italia pure qui siamo in periodo di revisionismi. qualche me fa addirittura un quotidiano (il correio da manhã) usciva ogni settimana con una foto diversa di salazar in stile pop-art.
la mia impressione è che i portoghesi estendano pure alla storia quella visione fatalista che hanno della vita…del tipo, in quel periodo il dittatore ce l’avevano tutti e quindi anche noi…insomma, escluse alcune parti politiche le altre sembra che non se ne vergognino troppo.

Cristina ha detto...

Bresci posso e devo solo ringraziarti...continui a farmi scoprire la magica Lisboa nonostante la mia lontananza fisica.
Sei davvero bravo e originale come reporter...continua così!!!
Cristina

Anonimo ha detto...

Complimenti!Come mi piacerebbe pure a me fare un viaggio in quella ''Lisboa'' affiancato da quel giornalista che ne sa davvero troppa!

paulo ha detto...

bravo mi e piaciuto molto il reportage,mi ha fatto scoprire qualcosa del mio paese che non conoscevo affato dato che e una vita che non ci vivvo piu grazie