lunedì 31 marzo 2008

IL LAVORO DI DÉLIO JASSE (Prima parte)

Délio Jasse abita in Travessa da Portuguesa, una strada del “bairro da Bica” che ha la stessa forma ad arco dei fili per stendere i panni appesi sui balconi. Lo trovo sul marciapiede mentre tenta di incollare un manifesto quasi illeggibile al muro esterno della sua casa.
“Ma a cosa ti serve?”
“Eh eh, adesso ti spiego. Entra Sandro, andiamo nel mio laboratorio, dove ho pure ricavato la camera oscura. È minuscolo, ma pensa, appena arrivai a Lisbona dall’Angola affittai ad Alfama una stanza ancora più piccola, dove oltre a dormire sviluppavo pure le mie fotografie. La mattina mi svegliavo coi polmoni pieni di nitrato d’argento e di potassio”.
Ci siediamo di fronte al suo computer, e Délio apre una cartella intitolata “revolução”.
“Ecco, mi chiedevi dei manifesti. In questo periodo ne strappo un po’ dappertutto, specie di associazioni politiche e anarchiche, li fotografo e poi ci sovraincido i volti di alcuni leader rivoluzionari. Ad animare chi stampa un volantino di carattere propagandistico c’è il concetto di cambiamento, lo stesso che ritrovi negli ideali di questi personaggi storici. Lui è Agostinho Neto, uno dei fondatori dell’MPLA(1), un’organizzazione che lottò per l’indipendenza dell’Angola dal Portogallo. Nel 1975 divenne anche il primo presidente del paese”.


“Ciascuno di noi fa la sua piccola rivoluzione, come chi rompe il silenzio e rende pubbliche le proprie idee attraverso un manifesto, o scrivendo sui muri. Poi ci sono rivoluzioni personali, legate magari all’aspetto fisico: io ad esempio mi sono lasciato crescere i capelli per farmi i rasta. Guarda, questo è Fidel Castro, che nel ’75 inviò in Angola le truppe cubane in appoggio all’MPLA”.


“Loro infine sono Nelson Mandela e Patrice Lumumba, un lider anticoloniale del Congo che aiutò il suo paese a liberarsi dal dominio belga”.



“Cosa ti ha avvicinato alla fotografia?”
“Oltre all’opera in se mi affascina l’intero processo creativo, tutto quello che sta dietro a una foto: la scelta del soggetto, dei dispositivi, dei materiali per lo sviluppo. La creazione è un fattore che mi porto dentro da quando ero bambino. In Angola non avevamo niente, ed io costruivo i miei giocattoli utilizzando i rifiuti. Ritagliando i coperchi delle scatole di sardine costruivo le carrozzerie delle macchinine, e poi facevo le ruote coi tappi delle bombolette spray. Ancora adesso raccolgo molte cose per la strada, tipo quel cassetto, vedi, dove ho impresso le mani della Monnalisa”.
“Ah si? Aspetta che lo fotografo. Vado fuori, così dà più l’idea di spazzatura”.

Il cassetto tra i binari dell'Elevador da Bica

“Eccomi, sarà l’unica foto a colori dell’articolo. Ma tu perché fotografi soltanto in bianco e nero?”
“Secondo me il colore è decorativo, mentre il bianco e nero è espressivo, dice più cose, accentua i contrasti. Anche le foto che ho esposto la scorsa settimana alla Sociedade Lomografica in Bairro Alto sono in bianco e nero. Rappresentano scene di caos, un tema ricorrente nella storia e nella vita quotidiana angolana”.
“Perché sei partito dall’Angola?
“Nel 1999 compì diciotto anni, e presto mi sarebbe arrivata la chiamata dell’esercito. A quel tempo arruolarsi significava partecipare alla guerra civile tra l’MPLA e l’UNITA per la spartizione del potere. Io non conoscevo bene la guerra, perché a Luanda, la mia città, non si combatteva. Però ne vedevo gli effetti: alcune volte tornavo a casa dal liceo e mancava l’acqua, altre volte la luce. Spesso poi sparivano gli amici, e non tornavano più. L’unico modo per uscire da questo inferno era andare a lavorare in un altro paese, e così decisi di venire in Portogallo, senza avere una minima idea di quello che avrei fatto nel mio futuro”.

(1): Movimento Popular Pela Libertação da Angola. Le altre organizzazioni che lottarono per l’indipendenza dal Portogallo (ottenuta nel 1974) furono la FLNA, l’UNITA e il FLEC. Dal 1975 in poi l’UNITA, appoggiata dal blocco occidentale, e l’MPLA, sostenuta dal blocco sovietico, si sono scontrate per la gestione del potere politico.

Leggi la seconda parte!

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