mercoledì 12 marzo 2008

IL GRIOT DEL BAIRRO ALTO (Seconda parte)

Leggi la prima parte!

“Nel ’94, a 21 anni, decisi di lasciare il mio paese e di venire a Lisbona, che è una città di frontiera tra l’Africa, l’Europa e il Sud America. Anche Londra e Berlino sono capitali cosmopolite, ma qui l’integrazione tra le varie comunità è davvero unica. I griot hanno uno spirito nomade, e così come fece mio nonno, che dal Mali si spostò nella Guinea Bissau, pure io emigrai, per la curiosità di conoscere nuove culture e per il bisogno di staccarmi dalla società guineense, dominata da modelli gerarchici. Non capivo perché nonostante avessi vent’anni a disporre della mia vita doveva essere il capofamiglia, che a sua volta ubbidisce al capovillaggio, le cui decisioni dipendono dal discendente del re. Questa è la contraddizione che viviamo noi giovani africani che viaggiamo per il mondo: esportiamo i valori di una realtà dalla quale fuggiamo. Nel 2005, quando finalmente registrai il mio primo disco, Teriké, che in madinga significa ‘amico’, espressi questi concetti nel brano Jussu sumia, ‘felicità’, dicendo proprio che la felicità di ogni persona risiede nella possibilità di scegliere per se stessa. Ecco, te la canto”.

Jussu sumia


“Grazie Kimì”.
“Sai che a questo disco ha partecipato pure una cantante italiana? Si chiama Chiara. E c’era pure Johannes, un trombettista tedesco. A partire dagli ultimi anni ’90 a Lisbona sono arrivati tanti musicisti europei interessati alle sonorità africane. Con loro due ho fondato il gruppo Tama Là, e insieme siamo andati in tournee in molti paesi, pure in Italia, esattamente a Pontedera, a Roma e a San Marino”.
Appena gli dico che le 500 lire di San Marino erano diverse da quelle italiane, e che addirittura esiste una nazionale sammarinese, Kimì scoppia a ridere.
“Ah ,ah, ah…e hanno pure un campionato di calcio?”
Non ne ho idea, ma gli rispondo di sì perché mi piace vederlo sganasciarsi in quel modo.
“No, scusami, so che la ricchezza dell’Italia sta nell’unione delle varie identità che la compongono, ma alle volte credo che certe rivendicazioni ostacolino i processi integrativi. Nel nome di inesistenti ‘superiorità razziali’ alcune etnie africane si sono contrastate persino con le armi. Senti, io vivo a Lisbona da quasi quindici anni, e trovo che la cosa peggiore dei portoghesi sia questo timoroso atteggiamento che hanno nei confronti delle culture delle ex colonie, quasi come se la contaminazione potesse minacciare la loro identità nazionale. Cercano in modo patetico di conservare questo ‘orgoglio lusitano’ rievocando di continuo episodi accaduti 500 anni fa, senza alcuna fiducia nel futuro. Se chiedi a un portoghese chi sono i griot lui non lo sa, eppure li ha dominati per secoli. E la stessa cosa succede con la musica: per loro il repertorio africano si ferma al funanà e alle mornas introdotte dai primi immigrati capoverdiani negli anni ’60. Non conoscono altro. Anche per questo ho deciso di registrare il mio secondo disco, che uscirà tra poco e avrà il mio nome, Kimì Djabaté, soltanto con strumentisti guineensi, voglio che il pubblico europeo sappia cos’è la musica dei griot allo stato puro. Il mio produttore è un indoamericano, ho cercato di convincere qualche casa discografica portoghese, ma mi dicevano sempre aspetta, aspetta, aspetta…”


Link al mysapce di Kimì: myspace.com/kimidjabate.
I video sono disponibili anche sul canale youtube di ilcielosopralisbona.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Kimi Djabate is a really cool dude. I saw him play a few times in Lisboa...what a talented musician. Plays guitar also.

There used to be a place called "Baleza" which had some good African music, but I think it may be closed. Awesome video.