“Quando nel 1973 lasciai Capo Verde e i miei quattro figli avevo 34 anni. L’amica che mi pagò il viaggio per Lisbona non riuscì a trovare i soldi per comprare un biglietto anche a loro. Navigammo per cinque giorni, ed io vomitai e dimagrì così tanto che appena sbarcammo al porto di Alcântara, i dottori incaricati di visitarci sospettarono che fossi tubercolotica”.
Di Dona Dedés sapevo soltanto che fino al 2005 aveva gestito la locanda Taki Talá, che in creolo capoverdiano significa “Sto qui, oppure sto là”. Ai clienti che le chiedevano spiegazioni sulla scelta di quel nome Dedés rispondeva: ”Così quando non mi trovate dietro al bancone potete venirmi a cercare in casa, qui di fronte, dall’altra parte di Rua dos Poiais de São Bento. Io interrompo le pulizie e scendo a farvi una cachupa”.
Cammino nel reticolo di vicoli compresi tra Rua do Poço dos Negros, Rua de São Bento e Rua dos Poiais de São Bento, il cosiddetto “triangolo creolo”, una zona in cui a partire dagli anni ’60 iniziò a concentrarsi la comunità capoverdiana. Le case, tuttora umide e degradate, potevano infatti essere affittate a basso prezzo. Sul marciapiede incontro una signora e le chiedo se sa dove abita Dona Dedés. Mi dice: “Non la conosco. È bianca o di colore? Se è di colore chiedi agli altri africani, magari loro lo sanno”.
Il ristorante Taki Talá, in Rua dos Poiais de São Bento, chiuso nel 2005
“Mia sorella, emigrata nel ’59, aveva una casa ad Almada, sulla sponda sinistra del Tejo. I primi giorni andai ad abitare da lei. Piangevo sempre, pensavo ai bambini e a mio marito Manuel, a cui non fu rilasciato il permesso di partire. In quei mesi la dittatura portoghese si sentiva debole e minacciata, e proibiva a molti uomini africani di venire qui per paura che si associassero a qualche movimento sovversivo. Noi donne invece venivamo considerate incapaci di fare cose simili, il regime era maschilista ed arretrato”.
In Rua da Paz, affacciata a una finestra, vedo un’anziana donna capoverdiana. Le chiedo: “Conosce Dona Dedés, l’ex proprietaria del ristorante che sta lì in basso?”
“Non la conosco, ma scusi, lei è straniero?”
“Qualche settimana dopo il mio arrivo a Lisbona andai a fare lavori domestici in casa di una famiglia portoghese. Prima della rivoluzione del 25 aprile del ’74, le donne nere che facevano quel mestiere venivamo chiamate ‘criadas’, che è un termine razzista. I signori per cui lavoravo però mi volevano molto bene, e da subito cominciarono a chiamarmi ‘empregada’”.
In Travessa do Poço dos Negros ripeto la stessa domanda a un angolano che sta arrostendo della carne sulla brace. Dietro di lui dei ragazzi giocano a inseguirsi. “Sì, sì, certo che conosco Dedés”, esclama, “ È la regina della cachupa. Aspetta, aggiungo carbone e ti dico dove abita”.
“Ogni volta che risparmiavo i soldi necessari a comprare un biglietto per la nave, permettevo ad uno dei miei figli di raggiungermi. In due anni ci ricongiungemmo tutti. Così decisi di affittare una casa in Rua de São Bento e di improvvisare un’osteria nel salotto stesso, aperta giorno e notte. Io stavo in cucina a preparare piatti capoverdiani, e i clienti venivano a servirsi da soli. Sono stata io ad introdurre la cachupa a Lisbona, fino a quel momento nessun portoghese la conosceva. Le cose andavano bene, ma non avrei mai potuto immaginare che da lì a qualche anno il mio locale sarebbe diventato il luogo di ritrovo notturno dei più famosi musicisti africani presenti a Lisbona”.
Suono il campanello, ma i citofoni sono rotti e non mi risponde nessuno. Aspetto davanti alla porta chiusa del condominio, nella speranza che qualcuno entri o esca dall’edificio. Dopo pochi minuti si accendono le luci delle scale, e mi appare davanti un ragazzo di colore. Gli chiedo se Dona Dedés abità lì, e lui: “Sì, è mia madre, piacere, io mi chiamo Tony. Ah, vuoi intervistarla? Ti lascio il suo numero di telefono, perché adesso non è in casa. Chiamala domani mattina, così vi mettete d’accordo”.
Il 'churrasco', una grigliata, in Travessa do Poço dos Negros
lunedì 18 febbraio 2008
STORIA DI DONA DEDÉS (Prima parte)
Etichette:
Capo Verde,
Lisbona
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2 commenti:
L'ho riletta dopo l'anteprima notturna..davvero bella!! Attendiamo the second half...
ma tu sei andato davvero a cercarla??...grande bre!!
non sapevo di questo tuo lato "ricercatore di storie popolari"..
(ma sptt..come sai della sua esistenza?)
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