La vita pubblica di Mané comincia a Lisbona, nel giorno in cui aprì il Tejo Bar.
Il suo passato brasiliano è una leggenda semi-sconosciuta.
Di sé e della vita trascorsa diceva soltanto: “Quando fuggi da un regime cambi Paese, quando fuggi da una donna cambi continente”.
Chissà chi lo perseguitava, quali tormenti l’abbiano condotto in Portogallo.
Il Tejo Bar è un microcosmo ad Alfama che non ho mai amato.
Piccolo e accogliente, ma liturgico.
C’era un momento della notte in cui Mané imponeva il silenzio per cantare o recitare brani uditi mille volte, come fossero preghiere.
I clienti, fedeli, lo ascoltavano e improvvisavano altre “performances”, guidati dal suo carisma.
Mi affascinava l’atmosfera da setta segreta, ma provavo disagio.
L’estate scorsa, in volo per il Brasile, Mané è stato colto da un maledetto arresto cardiaco.
All’arrivo i medici l’hanno salvato, ma le sue condizioni restano incerte. Nessuno sa quando ritornerà ad animare il Tejo Bar.
Intanto lì lo aspettano con una sua sagoma di cartone appesa al soffitto.
Ieri sera l’ho guardata tante volte, pensando che ho avuto la fortuna di conoscere quest’uomo.